GIUSTA RIPARAZIONE PER L’IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO

Il primo riconoscimento per avere una riparazione alla irragionevole durata di un processo è contenuto nell’art.6 della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”,stipulata a Roma il 04.11.1950 e ratificata dall’Italia con la legge 04.08.1955, n.
848.
Nel predetto articolo si legge, che ogni persona ha diritto alla trattazione della sua causa equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole, davanti ad un tribunale indipendente ed imparziale.
Il legislatore italiano, per rendere effettivo il diritto alla ragionevole durata del processo, ha varato
la legge “Pinto” n. 89/2001, che ha introdotto un rimedio per garantire la giusta riparazione dell’irragionevole durata del processo.
In merito al profilo della prova un precedente orientamento imponeva sulla parte interessata il dovere di dimostrare di aver subito un danno, anche se tale prova poteva essere agevolata dal ricorso a presunzioni, che trovano fondamento nella conoscenza, in base ad elementari e comuni nozioni di psicologia, degli effetti, in termini di ansia e di turbamento, che la durata di un processo civile, penale o amministrativo provoca nell’uomo.
In seguito si è stabilito che la lesione della posizione giuridica del cittadino è considerata conseguenza normale: il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione della legge n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno ogniqualvolta, non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente.
La legge Pinto prevede che il processo sia finalizzato alla soddisfazione di un credito.
Coloro che hanno instaurato un processo anteriormente all’entrata in vigore della legge Pinto sono legittimati a proporre richiesta di indennizzo per l’irragionevole durata dello stesso, con il solo limite che la domanda non sia già stata proposta alla Corte di Strasburgo e che questa si sia pronunciata alla sua ricevibilità.